Infondo a pozzo si trovava un cunicolo che conduceva ad un’enorme caverna dove al centro sedeva Kaladrath Stregazza dalla cima di un’altissima colonna.
L’uomo era completamente schizzato male e non aveva più una minima coscienza di se, continuava a farneticare cambiando umore ogni cinque minuti, passando dal minacciare, allo scusarsi, al delirare, al ridere. L’unica cosa che riusciva a trattenere la sua attenzione era la sorella Marilissa verso la quale proferiva in continuazione parole di scusa per il male a lei arrecato.
Il folle era così sicuro di sé e della propria posizione di superiorità, avendo rubato parte degli incantesimi di Chardath, che non si fece problemi a rivelare di avere al collo la chiave d’argento che permetteva di aprire l’uscita dal rubino.
Mentre io lo distraevo con una lunga conversazione, Ofelia camminò sulla volta della caverna e gli piombò addosso rigandogli la chiave d’argento.
Kaladrath andò su tutte le furie per il furto e la nostra spavalderia, ma in qualche modo riuscii a calmarlo e a farlo riconciliare con Marilisa e potei tenere la sua chiave. Lo convinsi che la vera colpa delle disgrazie accadute era di Chardath e che se lui ci lasciava libero potevamo vendicarlo.
Continua…