Negli scorsi due anni, più per necessità che per virtù, ho iniziato a giocare avventure di D&D e poi Pathfinder su skype fra me (Dungeon master) e la fidanzata (giocatrice) portando avanti il personaggio di Camelia Farnese e il suo tentativo di affermazione personale nel mondo di Rarte (aka Kata Kumbas).
Poi alla fine dello scorso anno ho fatto nuovamente l master in gruppo e ho giocato una breve campagna. Poi io ho abbandonato il gruppo causa problemi di salute e una certa incompatibilità del mio stile di gioco rispetto a persone che hanno ormai più di 8 anni meno di me, mentre la fidanzata continua ancora in due gruppi nati da quel primo.
Questo ha fatto un po’ andare in crisi l’idea di giocare partite 1 vs 1.
Premesso che giocare partite in solitaria è chiaramente un surrogato, inferiore per qualità, del prodotto originale, che prevede un gruppo di norma fra i 4 e il 6 giocatori, giocare in solitaria riguarda in primis una dimensione del gdr che non è preponderante in genere nelle partite di gruppo, quella dell’impatto del singolo sul modo di gioco e vice versa.
Il gdr classico prevede l’avventura come una somma di problemi e sfide da affrontare in gruppo in cui solo la combinazione di abilità diverse permette di affrontare i problemi. Il mago delle prime edizioni di D&D poteva anche fare schifo ai livelli bassi, ma senza qualcuno che prendesse quella classe difficilmente un gruppo poteva arrivare infondo all’avventura. Idem un chierico per la cura è quasi una necessità.
L’azione si struttura come interazione fra i vari giocatori e come interazione fra i giocatori e il mondo circostante.
Nel gioco 1 vs 1 manca tutta la parte di interazione fra i personaggi del gruppo, c’è un unico personaggio che interagisce con il mondo e con tutta una serie di comprimari . Mentre nel gdr classico vi è un gruppo, in questo tipo di avventure vi è un solo protagonista.
I motivi del giocatore e le sue azioni sono molto più rilevanti rispetto a quelle che possono essere le singole avventure e la risoluzione di eventuali problemi. Le motivazioni personali diventano molto più importanti poiché manca tutta la parte di supporto del gruppo. In un gruppo ci sono vari motivi che si intrecciano a formare ciò fa decidere le azioni di tutti i membri, mentre nell’1 vs 1 le decisioni di un singolo plasmano il corso degli eventi.
Nel caso di Camelia Farnese ad esempio le avventure tendono a dare risalto al suo bisogno di affermarsi e scontrarsi con una società relativamente maschilista che la vorrebbe vedere meno combattiva e più rispettosa delle tradizioni, il rapporto con la famiglia ambivalente nei tentativi di ostacolarla o aiutarla è fondamentale per comprendere le strade prese dal personaggio così come il suo rapporto con il divino costellato di momenti di zelo, dubbi di fede e momenti sconforto, che si conclude però con una ritrovata consapevolezza del proprio rapporto con Dio (forse). Aspetti che in una partita con più giocatori / personaggi ciascuno con motivazioni e sensibilità diverse non possono risaltare eccessivamente al disopra dell’azione corale, altrimenti invece di avere un gruppo si diventa una somma di singoli. Stare in un gruppo è anche l’arte di saper raggiungere il compromesso e non voler a tutti i costi spiccare al disopra degli altri giocatori.
In sintesi a mio parere un 1 vs 1 si gioca in primis per vedere la crescita del personaggio e la sua evoluzione, piuttosto che per affrontare le difficoltà insite nelle avventure.